Export, il Made in Italy alla prova della ripartenza per recuperare in un biennio il suo giro d’affari
La caduta del commercio estero è stata verticale, il recupero quanto sarà veloce? Due anni saranno sufficienti per tornare ai volumi di export di inizio 2020? Senza dimenticare che l’Italia anche prima della quarantena lottava per guadagnare posizioni. Fattori ordinari e straordinari vengono tenuti insieme dai dati statistici che ad oggi costringono tutti a fare i conti con una contrazione netta registrata dall’ultima rilevazione Istat in un meno 34,9% per le esportazioni. Una flessione dovuta sia al forte calo delle vendite verso i mercati extra UE (-37,3%) sia in misura appena meno accentuata verso l’area UE (-32,7%).
L’esame dei settori più colpiti mostra una chiara ricaduta sulle regioni italiane, la flessione maggiore dell’export si è registrata nel settore dei macchinari, autoveicoli e sistema moda, mentre quello che ne ha risentito di meno, facendo aumentare addirittura del 16 per cento le esportazioni è il settore degli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici.
Dunque dall’analisi dell’indice composito di vulnerabilità, l’Emilia Romagna appare la regione più vulnerabile, seguita da Veneto e Toscana, ovvero quei distretti industriali della meccanica e della moda che hanno sofferto in misura maggiore la contrazione della domanda estera, soprattutto da Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, grandi paesi di destinazione per le imprese esportatrici emiliano-romagnole. Viceversa la forte concentrazione dell’export della regione Lazio nel settore della farmaceutica insieme al suo basso grado di apertura la posiziona tra le regioni più immuni alla caduta delle esportazioni. Molto colpite anche Sardegna e Sicilia dove si concentra il mercato nei settori estrattivi e di prodotti petroliferi, tra i più in difficoltà nel 2020.
Le previsioni sul futuro appaiono complesse, si modificheranno in corso d’opera in base a fattori economici, geopolitici e come abbiamo scoperto ultimamente dal grande fattore sanità, per cui una seconda ondata di epidemia da Coronavirus nell’anno in corso sconvolgerebbe ulteriormente i piani. Eppure se da oggi l’export italiano si dovesse occupare solo della risalita secondo l’Istituto per il Commercio Estero in due anni si potrebbe tornare ai volumi di prima. La previsione è che l’export italiano di beni diminuirà complessivamente del 12% quest’anno, per poi crescere del +7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022, anno su anno. Secondo l’Ice la trasformazione post Covid produrrà un modello ibrido, composto da una parte di presenza fisica e una online. Lo sviluppo del web che ha visto un’accelerazione in questa fase è destinato ad aumentare, la spinta del Made in Italy potrà riprendere con l’ecommerce, il business to business, le fiere smart.
La spinta arriverà anche dal piano di aiuti interministeriale da 1,4 miliardi di euro per il potenziamento dei settori piu’ strategici per l’export italiano, dal sistema fieristico all’ecommerce, dalle politiche fiscali alla comunicazione promozionale. Di particolare rilievo saranno le strategie di promozione integrata del Made in Italy che sono state annunciate da Farnesina e Istituto per il Commercio Estero, per le quali sono gia’ stati stanziati 150 milioni nel decreto Cura Italia. Su come ripartiranno i settori all’Ice sono convinti che tre categorie sono già in corsa: l’alimentare, il farmaceutico e beni di consumo e moda, questi ultimi in grado di recuperare in fretta il terreno perduto. Più generalmente la potenzialità di fare il cambio di passo riguarderà tutti coloro che possono fare affidamento sulle infrastrutture, la sostenibilità e l’economia circolare.