Per Vittorio Colao l’innovazione digitale deve premere sull’acceleratore, il ritmo lento scoraggia gli innovatori e sviluppare la cultura del rischio
L’innovazione deve accelerare. Diffondere innovazione digitale è il concetto forte che da quando è arrivato a palazzo Chigi Vittorio Colao non ha mai smesso di perseguire. In simbiosi con il nome stesso del dicastero che guida, questa volta ha aggiunto un’esortazione in più rivolta a imprese e Pubblica amministrazione. “Occorre rischiare di più”.
Il Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale nel mese di Marzo è stato anche ascoltato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera. In questa occasione ha potuto presentare numeri importanti sulla sua attività e sullo stato di attuazione del Pnrr. Sull’identità digitale l’Italia ha raggiunto il 43% rispetto al target del 70% di cittadini con identità digitale entro il 2026.
Muoversi con maggiore rapidità per Colao è un passaggio vincente. Dice che “la voglia di adottare l’innovazione digitale si manifesta anche in Italia. Quando la si porta avanti con proposte concrete, di cui cittadini e aziende percepiscono chiaramente i vantaggi. Il problema, a mio avviso, è che di innovazione si parla tanto nei convegni e nel dibattito pubblico. Purtroppo se ne realizza troppo poca e troppo lentamente, mancando di renderne più veloce la sperimentazione e le prime fasi di adozione. Questo ritmo lento scoraggia gli innovatori ed è frustrante per i cittadini”.
L’innovazione deve accelerare: cultura del rischio e infrastrutture
Ma il postulato più importante per Colao è un altro. Nasce dal fatto che appena si propongono incentivi all’investimento digitale, le aziende sospettate di essere poco inclini all’innovazione “li utilizzano invece a man bassa”. Dunque “occorre rafforzare decisamente il metodo e la cultura del rischio nell’innovazione digitale”. Prosegue nel suo intervento sul Corriere della Sera “stiamo coinvolgendo il settore privato su molte aree: le reti a banda larga, il cloud, le competenze, le soluzioni di telemedicina, i trasporti sostenibili”.
L’agenda di Colao si muove su tre pilastri: infrastrutture, servizi e innovazione. Nel 2021 il ministro ha detto che ci si è concentrati soprattutto sul primo. Le infrastrutture, sia fisiche che di competenze, proprio perché senza un adeguamento infrastrutturale è difficile digitalizzare e ancora di più innovare. Più della metà dei fondi per la transizione digitale presso il Ministero sono dedicati proprio all’attuazione di nuove infrastrutture digitali. Hanno avuto la precedenza la banda ad alta velocità per famiglie, imprese, scuole e presidi sanitari. Il cloud pubblico sicuro, il 5G nelle zone più remote, le competenze digitali per tutti e le semplificazioni normative.
L’innovazione deve accelerare anche nella digitalizzazione dei servizi
Adesso è giunto il tempo di impostare la digitalizzazione dei servizi per imprese e cittadini e quelli resi dalla Pubblica amministrazione, per esempio – aggiunge Colao – i servizi di delega digitale, la piattaforma per scambiare attributi personali certificati, l’avvio della sanità digitale e della telemedicina che nel 2022 va a pieno regime. E poi ci sarà il terzo pilastro da edificare il sostegno all’innovazione, sia attraverso progetti pilota come il Mobility as Service, in sperimentazione in città come Milano, Roma e Napoli, sia attraverso le sandbox – spazi di sperimentazione non regolati – come quello dei driverless bus di Torino.
La perfetta sintesi dei tre pilastri per Vittorio Colao è nel progetto per la sanità digitale, dove il governo ha prima disegnato e proposto a Parlamento e Garante della Privacy un’infrastruttura dedicata per unificare le modalità di raccolta dati sul territorio nazionale; a cui è seguito un lavoro con le Regioni per omogeneizzare i servizi digitali del fascicolo elettronico del cittadino ed è in uscita l’avviso per i servizi innovativi di telemedicina. Il Ministro dell’Innovazione digitale conclude che “Il metodo è in definitiva importante perché senza infrastruttura i servizi non sono né sicuri né scalabili; e senza servizi digitalizzati innovare è costoso e lento”.