La mancanza di competenze è costata 38 miliardi di euro alle aziende italiane.
Il costo della mancanza di competenze pesa come un macigno. In una fase di rapidi cambiamenti quale è quella attuale. Il numero di cui parliamo si riferisce alla carenza di competenze nelle aziende italiane.
Da tempo, in Italia, si lamenta un serio mismatch tra mercato del lavoro ed esigenze di competenze per le aziende. Ebbene, nel 2022, tale gap è costato quasi 38 miliardi di euro al sistema delle imprese. Un dato ricostruito da Unioncamere in collaborazione con ANPAL, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro.
Persiste una grande difficoltà di reperimento di figure professionali adatte a svolgere determinate mansioni. Nel mondo del lavoro: la famosa “mancanza di personale”. Questo va ad aumentare il costo della mancanza di competenze per le aziende. Permane, inoltre, un’assenza cronica di specifiche competenze chiave nei profili già inseriti negli organici delle diverse aziende.
Proprio sul secondo fattore, a confermare quanto sia importante la formazione dei dipendenti da parte del datore di lavoro, è il Centro Studi Tagliacarne. In base alle sue analisi, emerge come i processi formativi accelerino la capacità di ripresa produttiva delle imprese, migliorando l’efficacia degli investimenti nella sostenibilità e nel digitale.
La forza del capitale umano
Il 30,7% delle aziende che stanno investendo in attività formative nel triennio 2022/2024 – si legge nella ricerca del Centro Studi Tagliacarne – conta di superare già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid, contro il 12,3% di quelle che non lo faranno.
L’effetto “capitale umano” risulta ancora più determinante per migliorare i risultati degli investimenti realizzati nella duplice transizione. Il 46,5% delle aziende che stanno accompagnando gli investimenti in digitale e green con quelli formativi prevede di migliorare nel 2023 i risultati produttivi conseguiti nel 2019.
Quelle che, pur avendo imboccato la strada della duplice transizione, non hanno pianificato alcuna attività di formazione, si fermano invece al 21%.
Ma, nel triennio 2022-2024, è diminuita la quota delle imprese che puntano a formare le proprie risorse umane rispetto al triennio pre-Covid (75,2% contro il 78,6% del 2017/2019).
Quarta rivoluzione industriale e nuove tecnologie
In un mondo sempre più tecnologico e interconnesso, eppure, l’importanza delle competenze diventa fondamentale per il successo personale e professionale. Il 2023 è stato proclamato come “Anno Europeo delle Competenze”, in cui l’acquisizione e lo sviluppo delle skills sono quantomai al centro dell’attenzione.
La Quarta Rivoluzione Industriale (4IR), caratterizzata dall’automazione, dall’intelligenza artificiale e dall’Internet delle Cose, sta trasformando radicalmente il mondo del lavoro.
Molte professioni tradizionali stanno cambiando e nuove competenze sono richieste per rimanere al passo con le esigenze del mercato. Inoltre, la pandemia globale ha accelerato questa trasformazione, portando ad una maggiore digitalizzazione e ad una crescente richiesta di competenze tecnologiche.
Le competenze trasversali, come la comunicazione efficace, la collaborazione e la leadership, sono diventate essenziali in un contesto di lavoro sempre più collaborativo e orientato ai risultati. Le competenze tecnologiche e digitali, come la programmazione, l’analisi dei dati e la cybersecurity, sono altamente richieste e aprono le porte a numerose opportunità di carriera.
Qualche numero
Tornando ai numeri di Unioncamere, 1,5 milioni di assunzioni sono previste dalle imprese entro settembre 2023. Ma la difficoltà di reperimento riguarda il 46% del personale che le aziende ricercano, soprattutto a causa della mancanza di candidati.
Tra le figure più difficili da reperire, per quel che concerne le professioni tecnichee ad elevata specializzazione, il Borsino delle professioni del Sistema Informativo Excelsior segnala:
- gli ingegneri e i tecnici in campo ingegneristico (rispettivamente 61,0% e 65,2%);
- i tecnici della salute (63,1%);
- i tecnici della gestione dei processi produttivi (63,0%);
- i tecnici della distribuzione commerciale (58,7%).
Ragion per cui il mondo imprenditoriale chiede di puntare su percorsi scolastici e formativi in grado di immettere le figure professionali funzionali al mercato del lavoro. Ed è anche necessario farlo in tempi brevi, in un’ottica di collaborazione tra pubblico e privato. Il fabbisogno, come dimostrano le cifre, punta deciso anche su competenze green, per via della sempre maggiore attenzione del cliente a queste tematiche.