Dal 2023 scatterà la Global Tax al 15% per le multinazionali con accordo pieno tra Unione europea e Stati Uniti
Se ne discute da almeno due anni e a metà ottobre è arrivato l’accordo finale che soprattutto include ben 136 paesi sui 140 membri dell’Ocse. E’ la Minimum Global Tax salutata dal segretario generale dell’Organizzazione Mathias Cormann come una “vittoria del multilateralismo” per una tassa che si propone di applicare un’aliquota minima del 15 per cento per le società con fatturato superiore a 750 milioni di euro. Le nazioni aderenti hanno ora tutto il 2022 per recepire l’accordo che entrerà in vigore dal 2023, le multinazionali dovranno pagare le tasse nei paesi in cui realizzano i profitti.
In sede di negoziato gli occhi erano puntati soprattutto sull’Irlanda e per piegare le sue resistenze a cui si erano uniti anche Estonia e Ungheria sono stati i partner europei con la Francia in prima linea. Ma Dublino ha capito che non poteva proseguire con la sua spregiudicata politica fiscale per via del coinvolgimento e identità di vedute con gli europei da parte degli Stati Uniti. L’amministrazione Biden stavolta si è comportata in perfetto asse con l’Europa perchè ha già messo in preventivo di usare il gettito aggiuntivo per finanziare una parte delle sue riforme sociali, come gli assegni familiari e gli investimenti nella sostenibilità ambientale. Gli osservatori politici americani sostengono però che l’amministrazione democratica dovrà faticare per far approvare il trattato dal Congresso e trovare il modo che accontenti tutti per ripartire e assegnare territorialmente i profitti delle multinazionali, in un paese come gli Usa dove il federalismo fiscale non è omogeneo e dove ci sono stati che vengono considerati a loro volta dei paradisi fiscali. Il presidente Biden si è detto convinto che stabilire una forte tassa minima globale livellerà finalmente il campo di gioco per i lavoratori e i contribuenti americani e il resto del mondo.
E tornando sulla sponda europea aver ottenuto il via libera dall’Irlanda viene considerato il successo più rilevante, il livello fissato dall’accordo, il 15 per cento è di 2 punti e mezzo più alto dell’aliquota di Dublino (12,5%) che è stata fondamentale come attrattore delle corporation, cedendo sull’innalzamento della tassazione l’Irlanda ha ottenuto che il 15% della Global tax sia un tetto rigido, cioè non possa sforare verso ulteriori ritocchi in corso d’opera come si prospettava in una prima stesura. Ma la global tax prevede anche un aspetto che affronta il problema della tassazione delle imprese che possono vendere prodotti su un mercato indipendentemente dalla loro presenza fisica e quindi possono scegliere la sede più favorevole per la fiscalità. L’intesa stabilisce chiaramente che gli utili siano tassati in base al luogo dove vengono realizzati, indipendentemente dalla presenza fisica. L’intesa non si applicherà su miniere e servizi finanziari regolati e questo è stato un altro punto di compromesso e si applicheranno alle multinazionali che hanno ricavi per oltre 20 miliardi di euro, una soglia che può essere abbassata a 10 miliardi dopo sette anni dall’entrata in vigore del patto e laddove si dovesse registrare una redditività superiore al 10% di utili pre-tasse sui ricavi. E’ lo spirito dell’”equità fiscale e la giustizia sociale” evocato dal commissario europeo per il Commercio Dombrovkis a cui ha fatto eco la dichiarazione di Janet Yellen, segretario al Tesoro americano: “si interromperà così la corsa al ribasso nelle imposte che è durata quattro decenni”.