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Si restringe il mercato pubblicitario online, anche in Italia gli effetti del boicottaggio corporate di Facebook

La frenata è stata brusca anche per il mercato pubblicitario online ed è arrivata proprio mentre il settore correva e pieni giri. Dopo un 2019 da primato tutte le stime per il 2020 sono state drasticamente ridimensionate, l’Internet advertising nel 2020 varrà poco più di 7 miliardi di euro (Fonte Osservatorio Internet e Media del Politecnico di Milano), il dato peggiore da almeno 15 anni (valeva 8,7 miliardi nel 2019), con tutte le componenti che subiranno un calo a doppia cifra. In particolare il web advertising in Italia cala del 14%. Il conto che presenta l’emergenza coronavirus è un -2,8 miliardi di raccolta pubblicitaria, un valore inferiore al 2018. A risentirne anche la raccolta pubblicitaria dei video che era stata in forte crescita negli scorsi anni e che quest’anno calerà del 12% e quella dei banner del 15%, condizionata soprattutto dalle logiche di brand safety delle aziende.

E come se non bastasse anche in Italia si sentono gli effetti dell’onda che arriva dagli Stati Uniti con la campagna di boicottaggio di Facebook da parte di molte tra le più importanti aziende americane. Non è certo la prima volta che il primo social del mondo subisce una campagna di isolamento e la più famosa fu quella a seguito dello scandalo di Cambridge Analytica, ma questa volta le conseguenze sono peggiori. A giugno scorso l’accusa a Facebook di non fare abbastanza per bloccare i contenuti violenti, razzisti o inneggianti all’odio ha fatto nascere la campagna ‘Stop hate for profit’ che ha avuto una adesione sorprendente e dagli Stati Uniti la campagna raggiunto anche l’Europa coinvolgendo più di mille marchi. Stavolta Mark Zuckerberg non ha dovuto fronteggiare solo governi e istituzioni ma anche i suoi clienti. E i più noti come Coca-Cola, Starbucks e Unilever hanno indicato in un manifesto di dieci punti anche la strada per una governance diversa di Menlo Park che preveda interventi tempestivi nel chiudere i profili specializzati in odio razziale, la nomina di un dirigente interno a Facebook che si occupi di diritti civili e rimborsi agli inserzionisti che hanno visto associare i loro messaggi ai contenuti incriminati.

Bloomberg ha quantificato in 7,2 miliardi di dollari la perdita accumulata dai mancati introiti pubblicitari e negli ultimi tre mesi il titolo in Borsa ha perso l’8,3 per cento.

Per le aziende il boicottaggio ha significato rinunciare alla piattaforma con il più alto numero di utenti al mondo utilizzata soprattutto per fare conversion e lead generation, identificando quelle campagne dove oltre a promuovere il marchio si stimolano gli utenti ad avere comportamenti proattivi nei confronti degli acquisti. E il moto di ribellione alla ‘hate culture’ fa breccia anche in Italia, è stata fatta un’analisi da Kantar per Iab Italia dove viene rilevato che il 79% degli utenti internet italiani che ha sentito parlare della campagna d’oltreoceano condivide l’iniziativa che corrisponde secondo questo studio ad almeno il 36% del totale dell’utenza web italiana.

La controffensiva comunicativa di Zuckerberg è consistita nel riaffermare innanzitutto che la corporation combatte con determinazione la deriva dell’hate speech, secondo che in realtà l’impatto economico della campagna è minimo e terzo che la società non stabilisce le sue politiche sulla base della pressione sul fatturato. Al tempo stesso Zuckerberg sta comunque lavorando per migliorare la reputazione di Facebook anche in vista delle elezioni di novembre per la Casa Bianca. Sui più importanti giornali americani ha comprato pagine di pubblicità per affermare la bontà del mezzo e gli investimenti fatti in tema di credibilità lanciando l’etichettatura a tutti i post riferibili alla campagna elettorale con contenuto considerato fuorviante e pericoloso e creando un hub di informazione dedicato ai cittadini chiamati al voto.