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La globotica ci libererà dal lavoro ripetitivo per dare sfogo alla creatività, ma la fase di transizione richiede interventi veloci per guidare i processi

La combinazione e i suoi effetti l’ha studiata il noto economista Richard Baldwin che gli ha anche dato un nome: globotica. Un neologismo nato dalla sintesi di globalizzazione e robotica, due fattori in movimento simultaneo che porteranno nuove trasformazioni, guidati in modo comune dalla tecnologia digitale. Entrambi i processi avranno un impatto nel mondo del lavoro nel settore dei servizi, inteso in senso largo, comprendente cioè i ceti sociali formati da impiegati nel settore pubblico e privato, fortemente specializzati e non più solo per i lavori meccanici.

Questa ennesima rivoluzione sta conoscendo un impulso ulteriore dettato da crisi e opportunità del mondo post Covid, nella sua analisi Baldwin che è anche stato consigliere economico alla Casa Bianca ricorda che in passato gli effetti di automazione e globalizzazione ricadevano prevalentemente sul lavoro industriale e agricolo. Ora invece anche il lavoro dei colletti bianchi può essere svolto da robot software. L’automazione e non lo scopriamo oggi, rende possibile l’informatizzazione di parti sostanziali del lavoro umano e poiché questi servizi sono immateriali, come l’informazione e la comunicazione, la loro propagazione e l’effetto sul lavoro è molto più veloce di quanto accade nelle fabbriche e nell’agricoltura dove vengono trattati dei beni fisici. E se ci sono voluti circa vent’anni per raddoppiare l’import e l’export di un paese, basteranno appena due anni per raddoppiare il flusso di informazioni che attraversa i confini. Si diceva già negli anni 90 che le nuove generazioni di lavoratori dovranno essere pronte a cambiare mansioni e in alcuni casi la natura stessa dei lavori esistenti. Su questo abbiamo imparato a comprendere l’importanza di offrire e godere di percorsi di riqualificazione e le politiche attive del mercato. Nonchè disfarsi del tradizionale sistema di relazione e assicurarsi che le aziende comunichino continuamente ai decisori politici i tipi di competenze di cui c’è necessità.

Ma la vera novità secondo la teoria di Baldwin è costituita dal disallineamento degli orizzonti temporali tra vecchi e nuovi lavori. La sostituzione dei vecchi lavori viene scandita dal ritmo della tecnologia digitale, mentre la creazione di nuovi dipende sempre dall’ingegno umano, stare al passo con i tempi non è facile, e secondo la sua previsione nei prossimi anni la rottamazione dei vecchi posti eccederà la nascita dei nuovi. Per questo torna in auge il principio di regolare i processi per non accrescere troppo il gap, accompagnare le evoluzioni affinché non sfocino in sconvolgimenti peraltro già in atto. Come, ad esempio, la telemigrazione che permette ai lavoratori a basso costo degli altri paesi di lavorare nei nostri uffici senza esserci fisicamente, un tipico fenomeno da tempi di transizione, perché se non sappiamo quali saranno i lavori del futuro, possiamo essere certi che se gli impiegati robot con Intelligenza Artificiale sono bravi a eseguire compiti ripetitivi e prevedibili, anche se nessuno di loro dispone di empatia, creatività, capacità di compiere scelte etiche.

Per approssimazione l’autore del libro “Rivoluzione Globotica, Globalizzazione, robotica e futuro del lavoro, ci dice che il lavoro diventerà più personale, più creativo e più locale. Ma per essere davvero ottimisti bisogna sperare che ci siano processi di governance nella transizione dei modelli di business che sappiano resistere dalla tentazione, anche questa non nuova, di abbassare i costi in modo verticale rimpiazzando il maggior numero di umani possibile e il più velocemente possibile. Sarà quindi l’armonizzazione tra robotica ed apporto umano a dare una visione di lungo corso alle imprese, a renderle non solo più razionali, ma anche più profittevoli in futuro. Il ritmo del cambiamento ha già provocato effetti negativi, di qui l’auspicio di azioni decise da parte di chi governa i processi del mondo delle professioni, per rallentare il ritmo con il quale ogni giorno scompaiono posti di lavoro.