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La Finanza Decentralizzata attrae sempre più investitori ma non mancano i profili di rischio e presto arriveranno normative per mettere ordine al settore

In molti continuano a chiamarla “finanza pret-a-porter”, ma la definizione rischia di essere di vecchio stampo. Quella che a livello internazionale passa sotto la denominazione di DeFi, la finanza decentralizzata di nuova concezione, si basa sui registri blockchain e smart contracts che permettono agli utenti di effettuare direttamente transazioni finanziarie senza intermediari, e sta esprimendo numeri da primato. In poco più di due anni il valore totale degli assets depositati nei protocolli DeFi è passato da meno di un miliardo a 230 miliardi di dollari. E la base degli utenti si è espansa in modo imprevedibile salendo da 91mila a 4,5 milioni di indirizzi distinti. Un boom per una tecnologia emergente basata su un sistema che bypassa i controlli bancari e le banche centrali su denaro, prodotti e servizi finanziari.

Investitori ed analisti continuano a dire che il 2022 sarà l’anno della Finanza Decentralizzata con fattori chiave di attrazione sui consumatori che possono veder eliminate le commissioni che vengono applicate dalle banche e dalle compagnie finanziarie, optando per portafogli digitali invece che depositi bancari. A supporto del fenomeno che trova la sua massima espressione nel mercato delle criptovalute sono nate piattaforme per transazioni di ogni genere, anche su derivati, assicurazioni e trading di crypto-assets sulle borse decentralizzate. Convenienza, disintermediazione e libertà di azione sono gli ingredienti del successo anche se altri fattori hanno giocato un ruolo, come i tassi di interesse molto bassi, ma non tutto sta andando nel verso giusto, zone oscure restano da illuminare e i profili di rischio sono tanti.

Chi opera in DeFi ricorda sempre che finanza decentralizzata non vuol dire anonimato, le transazioni possono non avere un nome, ma restano tracciabili dalle entità che ne hanno accesso. E per entità si può intendere una vasta gamma di soggetti dai governi, agli enti legislativi, dagli organismi di controllo delle Borse, sino ai controllori che vigilano sugli interessi finanziari. Inoltre la Banca dei Regolamenti Internazionali recentemente ha messo tutti in guardia che la decentralizzazione non risolve l’inevitabile incompletezza degli algoritmi che hanno una governance centrale e la blockchain ha dei meccanismi che concentrano il potere decisionale. C’è poi il fattore volatilità che da sempre rappresenta il vero tallone d’Achille del mercato delle criptovalute con oscillazioni enormi che possono mutare la consistenza di un portafogli nel giro di pochissimo tempo ed essere sensibili a fenomeni di speculazione internazionale che espongono il risparmiatore a rischi del tutto imprevedibili. C’è poi il tema dei meccanismi regolatori, ad oggi la crescita della DeFi avviene senza quasi nessuna disciplina e lascia aperta la strada a fenomeni di riciclaggio e finanziamento di attività illecite segnalate da più parti. L’Unione europea sta lavorando ad una normativa che prenderà il nome di “Markets in Crypto-Assets”, la cui messa a punto non è prevista però prima del 2024. Le bozze della legge già circolano in ogni caso e parlano di una norma che dovrebbe mettere in sicurezza le transazioni in un contesto legislativo a tutela sia degli investitori che delle istituzioni finanziarie. Tra le misure più importanti le applicazioni legate agli stablecoins, le cripto-valute con un cambio fisso, la loro emissione non potrà essere illimitata, ma con soglie, unitamente all’introduzione di obbligo di essere iscritti ad un registro apposito ed essere periodicamente sottoposti a due diligence.