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Tasso di digitalizzazione, l’Italia tra gli ultimi in Europa, ma la pandemia potrebbe aver cambiato qualcosa

Non si muove la classifica italiana all’interno dell’Unione Europea sul tasso di digitalizzazione del Paese. I dati del 2020 ci hanno restituito una situazione del tutto analoga a quella dell’anno precedente misurata dall’indice DESI (Digital Economy and Society Index), l’Italia migliora di qualche decimale, ma si colloca al 25esimo posto tra i 28 stati membri dell’UE (per l’ultima volta viene considerato anche il Regno Unito), peggio vanno solo Grecia, Romania e Bulgaria. L’Italia resta al di sotto della media europea in materia di connettività e servizi pubblici digitali e mantiene carenze significative per quanto riguarda il capitale umano. Nel rapporto si legge che l’Italia “registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi”. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore TLC è molto al di sotto della media UE. I cittadini usano poco e male Internet che semplificherebbe la vita di tutti i giorni, come il ricorso ai servizi pubblici digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente la rete, nonostante ormai l’offerta di servizi pubblici digitali, di e government sia considerata “in una posizione relativamente alta”.

Capitolo dolente anche quello delle imprese italiane nel quale vengono riportati ritardi nell’utilizzo di tecnologie, analogamente all’adozione del commercio elettronico. L’Italia si colloca al 22º posto nell’UE per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali. Non vi è stato quasi nessun progresso per gli indicatori di cui sopra, se non con riferimento all’uso dei social media. La percentuale di imprese che utilizza i social media è salita al 22% (vicina alla media UE del 25%). L’uso dei servizi cloud è rimasto stabile (utilizzati dal 15% delle imprese italiane) e appena al di sotto della media UE (18%). Nonostante una diminuzione tra il 2017 e il 2019, il ricorso alla condivisione elettronica delle informazioni rimane invece più elevato tra le imprese italiane rispetto alla media UE (35% delle imprese italiane rispetto alla media UE del 34%). Il divario tra l’Italia e l’UE si sta però allargando per quanto riguarda il commercio elettronico. Solo il 10% delle PMI italiane vende online (cifra ben al di sotto della media UE del 18%), il 6% effettua vendite transfrontaliere in altri paesi dell’UE (8% nell’UE) e trae in media l’8% del proprio fatturato dalle vendite online (11% nell’UE). Le detrazioni fiscali per gli investimenti in beni strumentali (cioè super e iper ammortamento) sono state tra le misure più significative del piano nazionale Impresa 4.0 e si sono dimostrate efficaci nello stimolare gli investimenti. Tuttavia viene rilevato che le misure sono state utilizzate principalmente dalle medie e grandi imprese, soprattutto per investimenti in beni materiali (cioè macchinari) piuttosto che immateriali.

Cresce la connettività, qui l’Italia infatti con un punteggio pari a 50,0 si posiziona al 17esimo posto, la diffusione è aumentata di un punto, ma la crescita è a ritmi inferiori rispetto agli altri, cosicché la banda larga ad almeno 100 Mbps passa dal 9% al 13% rispetto allo scorso anno, il che vuol dire che la sua diffusione resta ancora troppo limitata rispetto alla media UE. Stesso discorso vale per la copertura delle reti d’accesso di prossima generazione (NGA) che continua ad aumentare, ma solo di un punto percentuale, mentre accelera la diffusione della fibra ma resta ancora indietro con solo il 30% rispetto alla media UE del 44%.

Il nostro paese è invece in vantaggio sulla preparazione al 5G, in questo caso ben al di sopra della media europea, con il 94% dello spettro armonizzato a livello UE per la banda larga senza fili che è stato assegnato. Occorre però ricordare che le sperimentazioni del 5G, iniziate nel 2017 sono ancora in corso ed è molto probabile che si accumulino ritardi nella migrazione tecnica verso gli standard di trasmissione più avanzati.

Per quanto riguarda i servizi pubblici digitali, l’Italia è al 19º posto nell’UE, la stessa posizione occupata nel 2019. L’Italia supera l’UE per quanto riguarda il livello di completezza dei servizi online, i servizi pubblici digitali per le imprese e i dati aperti. La bassa posizione occupata dal paese nella classifica generale è dovuta allo scarso livello di interazione online tra le autorità pubbliche e il pubblico in generale. Solo il 32% degli utenti italiani online usufruisce attivamente dei servizi di e-government (rispetto alla media UE del 67%). Questo dato è addirittura diminuito tra il 2018 e il 2019.

“E’ un disastro annunciato” ha commentato Cesare Avenia presidente di Confindustria Digitale che ha posto l’attenzione sulla “contraddizione insostenibile fra l’essere l’Italia nei primi dieci paesi industrializzati al mondo e fra gli ultimi nel ricorso all’innovazione. Una contraddizione che si trascina da anni e che è tradotta in un vero e proprio blocco delle capacità non solo di crescita, ma anche di progettare un paese nuovo, più semplice, performante ed efficiente, in grado di attrarre investimenti e aprire nuove opportunità ai giovani”.

Ma in tutta la vicenda c’è un ‘però’ che potrebbe averci cambiato ed è strettamente connesso al lockdown che in Italia è stato forse il più rigido. Un periodo nel quale è cresciuto enormemente lo smart working, in cui si è fatto scuola con le video lezioni via internet, nel quale si è fatto la spesa come non mai su Internet. Ebbene, questa improvvisa accelerazione non la troviamo nella statistica ufficiale, anche se i ricercatori hanno rilevato che l’Italia ha adottato numerose iniziative in ambito digitale per far fronte alla crisi Covid-19. Il governo ha varato misure per rispondere all’aumento del consumo di servizi di comunicazione elettronica e di traffico di rete. Agli ospedali pubblici sono state fornite connessioni Wi-Fi gratuite. Il governo ha anche rivolto la propria attenzione alle scuole, promuovendo la diffusione di strumenti e piattaforme digitali, la fornitura di dispositivi agli studenti meno abbienti e l’accesso a connessioni ultraveloci e ai servizi connessi. Sono state introdotte procedure semplificate per agevolare l’acquisto di beni e servizi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni. Pratiche diffuse con una intensità mai vista prima, tali da far sperare che l’anno prossimo molte cose saranno cambiate.