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Il cloud dell’Unione europea è pronto a partire con il progetto Gaia-X per costruire una rete sicura, affidabile e tutta Made in Eu

La ricerca di un’intesa comune è stata lunga e laboriosa, ma ora tutto sembra pronto per l’avvio del progetto Gaia-X, da leggere come il cloud europeo. Nel mese di ottobre si sono definiti gli ultimi accordi che hanno portato all’adesione di 25 paesi europei al primo data center targato EU, che nasce sull’esigenza di porre in sede comunitaria e non più solo sui server americani l’enorme patrimonio dei dati sulla nuvola. Il soggetto proprietario diventa un’associazione non a scopo di lucro con sede in Belgio e che permetterà l’affiliazione solo a paesi sovrani o ad aziende private dichiaratamente europee. E dunque porte chiuse alle filiali delle corporation che hanno il loro quartier generale negli Stati Uniti, il che significa che alle big tech americane è precluso il diritto di voto per entrare nella governance e incidervi.

Gaia-X può quindi partire e lo farà con un investimento iniziale di 10 miliardi di euro, con volumi che potrebbero arrivare sino a 300 miliardi di euro attingendo ai fondi del programma Nextgeneration Eu. Tra i primi obiettivi da raggiungere l’infrastruttura di ricezione attivabile con il consenso degli utenti che devono essere incentivati a trasferire i propri dati dai server usati sinora, prevalentemente americani, su quelli di Gaia-X. Già questo è un traguardo non da poco considerata la poca regolamentazione internazionale in tema di cloud, solo parzialmente disciplinata dall’articolo 6 del GDPR europeo che attribuisce al proprietario dei dati il diritto di cancellarli o trasferirli con il meccanismo del consenso.

Dal punto di vista tecnico il cloud Eu dovrebbe essere un’infrastruttura ‘hyperscaling’, ovvero adattabile in base alla domanda, in grado di fornire uno standard unico e condiviso per la messa a disposizione dei dati e funzionando anche da anello di collegamento tra diversi servizi di cloud in una rete sicura e affidabile.

L’obiettivo finale è la realizzazione dell’ ‘European Cloud Federation’ che punti usando le parole del ministro dell’Economia tedesco Altmaier a “gettare le basi per una fornitura europea per restituire competitività al settore pubblico e privato europeo”. Il processo favorirà oltre alla sovranità digitale anche l’innovazione ha detto il ministro italiano per l’Innovazione Paola Pisano, da perseguire anche “grazie a soluzioni di partenariato pubblico-privato nelle quali le politiche europee garantiscano sia la protezione dei dati sia l’utilizzo e lo sviluppo di cloud privati e pubblici”.

Gaia-X l’ha spuntata nella competizione per diventare il cloud europeo dopo un serrato confronto con altri consorzi che sono nati negli ultimi due anni soprattutto in Francia e Germania. Un confronto andato avanti sino alla fine del 2019 quando il governo tedesco ha fatto sua l’infrastruttura Gaia-X proponendola a tutti i paesi membri come il futuro cloud made in Ue. Il progetto era nato proprio in Germania coinvolgendo all’inizio oltre 100 aziende europee e vari istituti di ricerca di 17 paesi proprio con l’intento di penetrare un mercato dominato da pochissimi attori e tutti oltreoceano. Amazon con Aws detiene una quota del 31,7%, seguita da Microsoft Azure con una quota di mercato del 16,8% e da Google con un market share dell’8,5%.